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Passo Ignaga

francorino

A cura di:

Ultimo rilievo: 19/07/2007
Difficoltà
T4
Lunghezza
0.00 Km
Quota di partenza
1170 m
Altezza di arrivo
2528 m
Dislivello positivo
1358 m
Tempo di andata
06h00'
Tempo di ritorno
05h00'
Periodo consigliato

Accesso

Uno dei punti di partenza, a piedi, per raggiungere il passo Ignaga attraverso il passo di Campo, dalla Valcamonica (provincia di Brescia) è la Rasega - località in frazione Valle del comune di Saviore dell’Adamello. Per raggiungere la località "La Rasega" si percorre la statale 42 fino a CEDEGOLO poi si devia a destra sulla strada provinciale N° 6 per Fresine e Valle (il bivio si trova immediatamente dopo aver percorso la strettoia in centro a Cedegolo; da non confondersi con il secondo bivio, per Cevo e Saviore che si trova più avanti, nel paese di Demo). Si percorrono circa 10 km di salita (a Fresine si prosegue sempre diritto) e poi, dopo la frazione di Valle si prosegue lungo la valle in una comoda strada asfaltata pianeggiante, per altri 2 km circa fino ad incontrare un gruppo di case-cascine ed un campetto di calcio, dove si può parcheggiare: immediatamente prima del campo sportivo oppure immediatamente dopo.

Introduzione

Escursione che si svolge, fino al passo di Campo, sempre attraverso una comoda “mulattiera” militare ottenuta prima della guerra 1915-1918 da un antico tracciato che risale addirittura ad epoca preistorica, e che in epoche successive, fino agli anni ’50 del ‘900 fu determinante per l’economia dei comuni della Valsaviore, di Paspardo e di Cimbergo in quanto consentì l’utilizzo delle malghe di oltre “passo di Campo”, anche quando queste si trovavano addirittura in uno stato diverso. Dal passo di Campo in poi il sentiero diventa più propriamente alpino, con un breve tratto attrezzato.

Descrizione

Si parte dallo spiazzo esistente immediatamente prima del campo sportivo, si attraversa il torrente Poja sul ponte carrabile quindi si gira a destra verso valle e poi subito a sinistra, (ci sono dei cartelli indicatori con la scritta passo di campo). Il sentiero (mulattiera) è ben segnalato dal CAI e porta il N° Segnavia n° 20; questo era il percorso per raggiungere le valli Giudicarie dalla Valsaviore e quindi fu frequentato nei secoli scorsi anche da traffici commerciali; attualmente è ancora adatto come ippo-via ma necessiterebbe di alcuni interventi. Si svolge in ampi zig-zag attraverso il bosco fitto di abeti (ottimo per ricerca funghi); si transita presso la malga Campellio (baita de Campéi - attualmente la baita non viene utilizzata) dopo circa un'ora di cammino - 1607 m; da qui si procede sulla destra dello spiazzo erboso. Dopo circa altri venti minuti si transita presso un masso con inserite cinque croci, a ricordo della morte (fucilazione) di cinque militari, avvenuta durante la guerra di liberazione, in circostanze che crearono forti polemiche e contrasti tra partigiani e popolazione locale. Più avanti, dopo un'ora e quaranta minuti dalla partenza dalla Rasega si incontra il bivio del sentiero per il lago d'Arno, con segnavia CAI Segnavia n° 20A (siamo a quota 1870 circa). A quota circa 1980 c'è il bivio per Adamé, sentiero Segnavia n° 33, ora poco percorribile; questo sentiero, che ha andamento completamente pianeggiante, un tempo veniva denominato "la vià de Stuchi" ; in quanto è stato costruito durante l'esecuzione dei lavori idroelettrici per la galleria che da Adamé porta l'acqua al lago d'Arno, ed inizialmente i lavori erano svolti (o commissionati?) dalla ditta Stucchi-Prinetti da parte della GEA (Società Generale Elettriche dell’Adamello). Verso Adamé il sentiero aveva numerosi tratti completamente artificiali, in legname, per attraversare le zone particolarmente impervie, che ormai, dagli anni cinquanta, sono andati completamente distrutti, quindi è sconsigliato utilizzarlo. Dopo un quarto d'ora di cammino ed aver "girato" intorno al monte Zucchello, (il sentiero ha per un tratto andamento in discesa), ci si trova già entro la "conca d'Arno", e si raggiunge il bivio del sentiero Segnavia n° 20B proveniente dal lago d'Arno (quota circa 2000 m). Da questo punto il sentiero viene denominato di “traversera” perchè attraversa longitudinalmente tutto il coster di destra della conca del lago d’Arno. Proseguendo verso il passo di Campo, dopo circa 25 minuti si transita in corrispondenza di uno spiazzo artificiale fatto da muri a secco dove è ancora ben visibile il tracciato di un piano inclinato (funicolare) che collegava il piano della strada con la sottostante caserma degli alpini della "grande guerra"; si vede anche che la parte della caserma verso la diga ha ancora i muri mentre la parte lato passo di Campo sono completamente diroccati in quanto quest'ultima parte fu demolita da una valanga del 1916 che provocò numerosi morti tra gli alpini. Durante il passaggio di Traversera si può ammirare l'imponenza dei monti che si trovano di fronte e precisamente: - da destra a sinistra - cima Barbignaga, cima Sablunera che domina tutto il coster di sinistra, poi il monte Frisozzo (2899 m), il monte Re di Castello (2891 m) ed infine la sega d'Arno, e quindi, dal lato opposto: il corno della Vecchia ed il monte Campellio. Lungo il sentiero si incontra anche (circa 40 minuti dopo il bivio del sentiero Segnavia n° 20B, a quota 2090 circa ) una pietra che fa parte del selciato con incisa la scritta: "GIOAN ANDREA BOLDINI RSTUAVAT STRADA ANO 1792" : vale a dire: “Giovanni Andrea Boldini restaurò (la strada) nell'anno 1792”, a testimonianza dell'importanza che a quei tempi assumeva questa via di comunicazione verso il trentino. Dopo circa mezz’ora di cammino, in corrispondenza del ruscello (asciutto da luglio avanzato in poi) che scende dalla valle compresa tra il monte Campellio e il corno della Vecchia si arriva al bivio del sentiero CAI Segnavia n° 89A (è quest’ultimo sentiero, proveniente dal lago, che si immette nella nostra mulattiera – Segnavia n° 20 -). Finalmente dopo un'altra mezz’ora di cammino si raggiunge il passo di Campo (2288 m) ; qui vi sono i resti di parecchie opere militari, soprattutto sugli ultimi speroni calcarei della Sega d’Arno, alla nostra destra; in particolar modo trincee e gallerie scavate nella roccia con gli accessi lato lago d'Arno e con le postazioni delle armi lato Val di Fumo in quanto il passo costituiva confine di stato fino al 1918 e quindi fronte di guerra fino alla stessa data. Al passo di Campo si gira a sinistra sul sentiero [1], per un certo tratto è orizzontale e coincide con una vecchia trincea, poi scende per aggirare un promontorio roccioso, quindi risale ripido e dopo alcuni tornanti affronta, con l’aiuto di alcuni tratti di corde fisse, le rocce dalle quali scende l’emissario del sovrastante laghetto d’Avolo (2393m). Si continua la salita, in parte su morena, in parte su secca prateria, stando ai margini esterni della conca che contiene il laghetto; si affronta quindi un ripido pendio morenico costellato da muri a secco, residui di baraccamenti della prima querra mondiale, fino a raggiungere il passo d’Avolo. Il passo d’Avolo è una incisione poco profonda sullo sperone di rocce che delimitano a Nord la conca d’Avolo e si protendono verso Est quasi perpendicolarmente alla val di Fumo delimitando anche la conca del lago di Campo; è tutto attorniato di residui di manufatti della grande guerra. Ora si prosegue su mulattiera ex militare a saliscendi, per aggirare alcuni speroni rocciosi, fino a raggiungere passo Ignaga: è un lungo avallamento che interrompe le cime che separano, sulla sinistra orografica della valle Adamé, la Valsaviore dalla val di Fumo, tra il monte Campellio (sima alta) e il monte Foppa. Anche qui, sul passo, ci sono resti di trincee della grande guerra; nella cronaca locale della guerra è stato evidenziato che nonostante il passo Ignaga fosse, tra i passi della catena montuosa a sinistra della valle Adamé, il più ampio e quello più vicino e diretto sui paesi della Valsaviore, ebbe solo un modesto presidio, rispetto agli altri. Il motivo era che, non disponendo, come gli altri passi di teleferiche militari per raggiungerlo, nessun alto ufficiale si è mai preso la briga di salire a piedi per valutare la situazione: quanta tradizione in fatto di... felloni!

Galleria fotografica

© 2021 - Franco Pelosato
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