Victor-Emmanuel sur les Alpes

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Ritratto di massimo
massimo

Come recita il titolo, questo libretto/gioiello è in francese, perché in francese parlavano i valdostani non illetterati fino alla prima metà del XX secolo, prima cioè che la massiccia immigrazione italiofona ed il regime fascista ne modificassero di fatto il tessuto sociale. 

La genesi di questo lavoro è piuttosto curiosa: alla morte di Vittorio Emanuele II, re particolarmente affezionato alla Valle d'Aosta ed alla sua selvaggina, il CAI di Aosta si domandò come poteva onorarne la memoria. L'abbé Gorret si offrì di scrivere un ricordo, approfittando del suo legame privilegiato con il defunto sovrano. L'idea fu ovviamente accolta con entusiasmo, anche perché il Gorret godeva fama di penna raffinata, che contrastava assai con il suo aspetto e con alcuni suoi atteggiamenti poco consoni ad un sacerdote quale era. Ma i mesi passavano e dello scritto non vi era traccia causa la svogliatezza dell'autore, pronto a pentirsene ma non a porvi rimedio. Si giunse così ad un compromesso: il Gorret fu rinchiuso in una stanza del Club Alpino fino al compimento del lavoro ed in cambio gli furono largamente forniti pane, vino e tabacco! (E per chi conosce un po' la figura di questo straordinario personaggio è tutto detto!). Il libro mantiene un tono da panegirico: chiaramente il defunto re era non solo considerato un benefattore della Valle d'Aosta, ma un amico personale dell'autore; la prosa però resta sempre gradevole e molti sono gli aneddoti riportati a testimonianza dell'affetto di Vittorio Emanuele per la Valle e della sua familiarità con i gli abitanti. Uno per tutti: tutta la famiglia reale si trovava a Courmayeur, alloggiata nella parrocchia; una donnetta si presentò alla porta di servizio recando in dono un cesto di uova. Le aprì il re in persona, che la ringraziò e la ricompensò con una buona mancia, così la donna osò domandare se potevano farle almeno vedere il re. "Sono io" fu la risposta. La donna restò per un momento sbigottita poi disse (in dialetto) "Ah no, una bella signora come la Regina non può mica aver sposato un uomo così brutto!" e partì via risentita. Il re si fece tradurre la frase, trovò l'episodio tanto divertente da raccontarlo subito alla regina ed a distanza di tempo ancora andava ripetendo l'aneddoto. Naturalmente larga parte del libretto è dedicata alla caccia allo stambecco ed alle opere che il re ha voluto per rendersi più confortevole l'attività venatoria: le residenze di caccia, dalla prima al piano del Nivolet al castello di Sarre; le strade, in particolare quella per Champorcher, ma anche da Valnontey a Pont di Valsavarenche, al colle di Nivolet e di lì a Ceresole. Otto brevi capitoli che possiamo definire un documentario sulla Valle d'Aosta di 150 anni fa, leggibili in un fiato e che tradiscono in più di una circostanza anche il tenace amore per la propria terra e per le sue tradizioni da parte dell'autore, il cosiddetto "Ours de la montagne".